Pages

Saturday, January 7, 2012

A view from italy...!!!


giovedì 5 gennaio 2012

Cork: Tre tipi di Stout, due percezioni del mondo esterno


Se c'è un luogo nel quale ho sperimentato per la prima volta quanto vario sia il mondo (e la percezione di esso) beh... quel luogo è Cork.
Quando partii per l'Irlanda cercai di studiare un itinerario che in circa 15 giorni mi potesse regalare un'idea buona dell'Isola verde.
Quest'itinerario comprendeva anche la città di Cork, e lo faceva principalmente per due ragioni: l'autobus arrivava in quella città senza problemi e eravamo molto vicini aCrosshaven Blarney Castle, due luoghi che il mio cuore amò al primo colpo.
Giorni fa, mentre sistemavo il mio baule pieno di ricordi, mi sono accorta di non aver nessuna foto della città di Cork tranne una mia seduta sul pavimento dell'ostello mentre sono intenta a scrivere.
In quei tempi (oddio, come mi sembro antica) si era molto più parchi nelle foto. Al ritorno si doveva svilupparle e i soldini uscivano dal portafoglio in men che non si dica.
Lessi sulla guida, prima della partenza, che Cork era una viva città universitaria, piena di giovani e di vita.
Ci arrivammo non appena un acquazzone aveva finito di spazzare via ogni granello di polvere dalla strada.
Il cielo si stava aprendo mostrando il suo azzurro intenso, l'aria sapeva di buono e i nostri passi erano tranquilli su e giù per le salite di quella città.
La prima cosa che notai fu che la parola Guinness aveva lasciato il posto alla parola Murphy ed io ero tanto curiosa di assaggiare questa nuova stout che, al tempo (parlo del 2000) non era diffusa al di fuori del Regno Unito e dell'Irlanda.
Avevo letto qualcosa sulla suddivisione "birresca" dell'Irlanda in GuinnessMurphy eBeamish e mi piaceva tanto pensare che al Sud dell'Isola verde avessero spazio delle birre non del tutto commerciali (ora lo sono) ma spettacolarmente buone. La Guinness è tonda, pannosa, avvolgente.
La Murphy è più spigolosa, fresca e molto più amara. La Beamish, per me, è la regina delle tre perché le bilancia benissimo. Tra Beamish e Murphy è sempre stato un derby dato che entrambe sono prodotte a Cork. Quello che non sapevo e che ho letto pochi giorni fa è che la Murphy è la birra dei cattolici; la Beamish quella dei protestanti. In poche parole gli Irlandesi mettono la loro irlandesità (perdonatemi il gioco di parole) anche nella birra.What else
Ma a Cork non imparai solamente a capire le differenze tra le migliori stout d'Irlanda, imparai soprattutto che la percezione della temperatura è diversa a seconda del luogo in cui ci si trova.
Può sembrare un pensiero stupido ma per me non è così banale.
Avevo 22 anni quell'anno in cui gironzolavo per Cork e di mondo ne avevo già visto un po' ma dentro la mia mente dicevo che a 30°era caldo, a 20° era primavera, a 10° cominciava ad essere frescolino e così via.
Caldo, primavera, frescolino si legavano poi, sempre dentro di me, all'outfit da indossare a seconda della temperatura esterna: canottiera, felpa, felpa e giacca.
Le mie certezze erano ben salde fino a quel giorno in cui, dopo un mega girazzo dalle parti di Crosshaven (ve lo racconterò) tornai a Cork sotto la pioggia.
Bagnata come un pulcino appena nato mi infilai sotto la doccia calda dell'ostello ... che stranamente era calda (mai fatto tante docce fredde come in Irlanda). Pulita e rinfrancata mi godevo la sensazione dei vestiti asciutti e puliti aggiunta ad un dopocena carino fatto di qualche burp post ristorante cinese (ogni tanto si varia la cucina... e dopo le 19 a Cork i pub non ci davano da mangiare) e chiacchiere con il mio Hermano Michi. Ce ne stavamo seduti on the dock of the bay a raccontarci cosa ci fosse piaciuto di più del viaggio fino a quel giorno. Calava la sera, saliva il vento ed io, oltre alla felpa, mi misi il mio k-way che male non faceva. Ah... che goduria... ora stavo bene.
Dalle chiacchiere siamo finiti ad una passeggiata post cena e, camminando in centro, ci siamo potuti rendere conto della masnada di giovincelli e non in giro quella sera.
Era venerdì e il bancomat aveva una fila che manco al panificio si trova.
Dovevamo fare bancomat anche noi e ci mettemmo diligentemente in fila, secondo il metodo celtic-anglo-sassone ovvero una bella fila dritta senza ingerenze laterali.
Il tempo passava, la fila calava ma ai miei occhi qualcosa non tornata. Ci misi un po' a capirlo ma poi ebbi un lampo di genio.
Io ero in t-shir-felpa-giacca e la ragazza davanti a me era con un top senza spalline e i sandali aperti.
Guardai un termometro presente lì vicino. Sera d'Agosto... segnava 15°.
Secondo il mio ragionamento, quella vestita giusta ero io.
Poi pensai... ma se questa per loro è estate... allora è giusto che lei sia così svestita!!??
Quel pensiero restò dentro me per tanto tempo finché non lo metabolizzai al punto da cominciare a percepire la temperatura come una vera donna del nord.
Mi è capitato quest'estate in Galles, ad esempio, di girare in bermuda e t-shirt con una temperatura di circa 12° e qualcosa (temperatura tipica del mattino).
E sapete una cosa? Stavo benissimo ... proprio perché tra me e il luogo che volevo vivere non c'erano barriere ma un contatto diretto, speciale, personale e unico.
Ogni tanto sentivo un piccolo brivido sulle braccia e sulla schiena. Poi arrivava il sole e mi scaldava come in un morbido abbraccio. Poi arrivava il vento e mi portava via di nuovo.

Ho ripensato a Cork e mi sono detta che, oltre a non aver fatto foto mie, non ho avuto nessun contatto di pelle con quella città. Non ho lasciato che il vento di quel luogo mi rapisse, per un minuto o dieci.

E ora, mentre scrivo questo post, dico tra me e me che ho davvero un bel motivo per tornare in quel luogo.
Quel motivo si chiama simbiosi.
Un secondo motivo si chiama Munster Rugby (anche se giocano a Limerick). Ma questa è un'altra storia.

mercoledì 4 gennaio 2012

Snoqualmie: una cascata, picchi gemelli, nani e giganti


Tornando a casa dopo la cena di capodanno mi sono messa sul divano per staccare due minuti dalla serata prima di andare a nanna.
Erano circa le tre e qualcosa e facevo zapping sulla tele senza porre attenzione a quello che i miei occhi captavano. Poi sono arrivata su Rai Movie e tutto in me si destò: stavano trasmettendo Fire walk with me, di David Lynch.
Per chi non ne avesse mai sentito parlare trattasi del film che racconta l'antefatto dell'omicidio di Laura Palmer, il cadavere avvolto nella plastica più famoso degli anni '90. E quel corpo avrebbe poi dato vita ad una delle mie serie TV preferite: I Segreti di Twin Peaks.
Starei qui ore a parlarvi delle mie analisi e paturnie varie su quella serie e su quel film ma invece vi parlerò del posto in cui è stato ambientato e girato.
Signore e Signori, oggi la Giovy Airlines vi porterà dentro ad uno dei miei primi fantaviaggi.
Si parte alla volta di Twin Peaks, che nel mondo reale si chiama Snoqualmie.
Tale paesello montano si trova nello stato di Washington che non ha niente a che vedere con la capitale USA ma che, guardando la cartina, si trova in alto a sinistra proprio vicino alla British Columbia, ovvero una parte di Canada.
Snoqualmie è probabilmente uno di quei luoghi in cui se ci nasci vuoi andartene al più presto a meno che la tua vita non si leghi indissolubilmente all'industria del legname che, in quel posto, la fa da padrona.
E la faceva anche in Twin Peaks.
Ai tempi in cui la serie era al top lessi su di un giornale un reportage sulla cittatina di Solqualmie e ricordo benissimo che il giornalista disse che tra Sloqualmie e Twin Peaks l'unica differenza era nei nomi del diner o della roadhouse. Per il resto Lynch ritrasse fedelmente quello spaccato di America che proprio non eravamo abituati a vedere.
La gente è solita abituarsi a quell'America da copertina, tutta glamour, ville e macchinoni. L'America dei college e della "famiglia media" sempre felice e soddisfatta. Per contro, si è abiutati ugualmente all'America della malavita, quella dei sobborghi pericolosi.
Ma la via di mezzo? Twin Peaks racconta infatti una tranquilla cittadina di confine e racconta il modo in cui le certezze di quel tipo di società vengono stravolte, facendoci capire che il marcio è ovunque.
Sicché tutto questo mi appassionò al punto di farmi fantasticare sul fatto di andarci.
Già mi vedevo bere un caffé e mangiare della cherry pie al Double R Diner (che nella realtà si chiama Twede's Café) oppure fare acquisti nel department store della famiglia Horne.
Se anche voi vi perdete in questo fantasticare, sappiate che ho trovato una mirabolante cartina che vi permetterà di fare un gran tour in quel dell'immaginaria Twin Peaks.
E se questi ricordi non vi bastassero, non vi resterà altro che vivere la vera realtà di quella cittadina.
Una visita alla cascate (copiosissime in zona) potrebbe essere un bel modo per trascorrere le vostre ore e per non pensare sempre al fatto che probabilmente il cattivissimo Bob si aggira ancora in quei luoghi e potrebbe prendere possesso della vostra anima.
Sarò matta ma io le cascate me le godrei proprio quando la sera scende, immancabilmente con Falling sul mio lettore mp3. Durante quei giorni nei primi anni '90 non finivo mai di ascoltarla.
Non riesco davvero a straniare la vera Snoqualmie dalla fictional Twin Peaks e se avessi la fortuna di vincere qualche soldino al super enalotto (anche un premio minore, mi accontento di poco) prenderei su Gian per raggiungere un bel volo per il Canada.
Alla fine del nostro peregrinare sconfinerei davvero da Vancouver verso lo Stato di Washington.
E con tutta me stessa andrei a girare per quella provincia americana che mi è entrata nella mente.
Andrei a cercare la Loggia Bianca e la Loggia Nera, il Nano, il Gigante, Laura Palmer e quella cascata che, nel mezzo della sigla, mi stregava davvero.
Poi mi siederei lì e mi chiederei, per l'ennesima volta, chi ha ucciso Laura Palmer.

Info Utili:
Snoqualmie sembra davvero un luogo sperduto.
Per raggiungerlo è necessario arrivare a Seattle (che non è poco). Se viaggiate d'inverno basterà prendere un autobus verso la cittadina di confine. Snoqualmie è un luogo dove la gente va anche a sciare sicché, durante l'inverno, i collegamenti sono presenti ma dipendo spesso dalle condizioni della strada.
Per l'estate non ho trovato niente e quindi bisognerà affidarsi al buon vecchio noleggio auto. Tanto negli States le strade sono larghe...
Per dormire, restiamo in tema Twin Peaks e concediamoci quello che era il Great Northen Hotel. In realtà si tratta del Salish Lodge, non proprio economico ma sicuramente d'effetto. Sono presenti altri hotel di due ben note catene (questa equesta) a prezzi molto più normali.

Se qualcuno di voi ci va e non me lo dice ... mi arrabbio!!

martedì 3 gennaio 2012

Il Viaggio ai tempi dello Spread



Quando l'Euro, diciamocelo, non ci aiuta molto e la nostra Italia nemmeno, è il caso di organizzarsi per bene per concedersi ancora la grande bellezza di un viaggio fatto come si deve.
Continuate a leggere su www.nonsoloturisti.it

Dei voti, delle menzioni e di altre felicità


Quando andavo al liceo, nella mia scuola si era soliti fare le autovalutazioni.
Due volte l'anno, prima della fine del quadrimestre, si compilava una sorta di auto-pagella e la si discuteva con i prof in modo da imparare a conoscersi e soprattutto, a mettersi in discussione.
Io non mi davo mai i voti che poi, sulla pagella reale, in realtà prendevo.
I miei autovoti erano sempre più bassi tanto che la mia cara prof di Italiano mi disse " se tu mai un giorno insegnerai, i tuoi studenti diventeranno matti e ti crederanno cattivissima".
Forse, chi lo sa... a volte leggo degli articoli sui quotidiani e farei fioccare i 4 come la neve.
Perché vi dico ciò?
Ve lo racconto perché davanti ai voti della mia pagella ero felice, felice perché vedevo un apprezzamento grande verso l'apporto che davo a quello che, in quel tempo, era per me una sorta di impiego.
Allo stesso modo mi riempio di felicità quando questo blog si popola, viene letto, commentato e anche criticato.
Mi fa davvero bene sapere che riesco a raccontare il mondo che ho visto (o il mondo dentro me) a persone che non sanno chi e come sono.
Mi fa piacere vedervi cogliere le sfumature che adoro raccontare.
E sono felice come una bimba al suo primo regalo quando ritrovo il mio nome nei post altrui.
Probabilmente è l'eterna lotta contro la capacità di dispersione dell'autostima e vedere se stessi nelle parole altrui aiuta questa autostima a ritrovare la strada e tornare dentro noi stessi.
Chi lo sa... ma quest'anno è iniziato (e lo scorso finito) bene.

Ringrazio cielosopramilano  per aver scelto Emotion Recollected in Tranquillity come miglior blog del 2011, a pari merito con Pensieri al contrario, che ora andrò a leggermi.

Menzione speciale per Marco e Felicity di nonsoloturisti.it per avermi scelto come autrice.

www.nonsoloturisti.it

Non vi bastava leggere la Giovy sul suo blog?
Bene ... adesso c'è un secondo sito sul quale potrò tassarvi e stressarvi con le mie parole! :)
Stay tuned e ancora grazie a tutti.

lunedì 2 gennaio 2012

Come trovai la cortina di ferro


C'era una volta la cortina di ferro ed io da piccola ne ho sempre sentito parlare.
Quando facevo geografia alle elementari, la cartina dell'Europa di fianco a me riportava il nome Leningrado scritto bello in grande e, dopo il crollo del muro, ce ne ho messo di tempo a convincere i miei compagni che San Pietroburgo e Leningrado fossero la stessa città.
Un mio compagno di classe, addirittura, era convinto che Leningrado fosse mutata in Stalingrado alla morte di Lenin. Del resto i due non erano proprio grandi amici e l'usurpazione del nome di una città parareva un bel gesto del tipo tu sei morto ed io no.
Negli anni successivi al 1989 mi dimenticai di quel termine ... cortina di ferro.
Arrivai al cambio di millenio e, durante il viaggio verso Budapest, mi venne in mente che avrei passato quella linea che, in quell'esatto momento era immaginaria, ma che in passato era stata pesante, tangibile, crudele.
A dire il vero io e i confini abbiamo un rapporto amore/odio.
Per me, la parola confine e la parola dogana hanno ancora un significato importante che mi fa battere il cuore mentre i militari o la polizia o i funzionari mi controllano i documenti.
Mi è capitato in ogni paese che ho visitato. Al momento del controllo documenti mi sento sempre sospesa in un momento che esiste solo per e la persona che ho di fronte.
Perché infodo, in quell'istante, sono nella terra di nessuno.
E poi il doganiere ti guarda prevenuto per partito preso. E' come se volesse trovare sempre qualcosa che non va per tenerti fuori dal suo paese.
Me ne resi conto benissimo quando vivevo in Svizzera. Varcavo la dogana Svizzera/Italia miliardi di volte e tutte le volte rallentavo, io e il doganiere ci guardavamo, e poi via.
Ogni tanto il funzionario proferiva quel "Dichiara?" che un po' mi faceva incavolare ma che allo stesso tempo dava al transito tra un paese e l'altro il significato che il mio cuore bramava.
Sarà per questo che amo la parola tedesca per dire confine ... Grenze ... perché è dura, gratta sul palato ed è rigida. Come è rigida e continua la linea che per me demarca sempre le nazioni.
Sono felice di poterla valicare senza problemi ma mi piace pensare che ci sia.
Vissi il mio momento "io e il confine" al ritorno dall'Ungheria.
All'andata, come dicevo, ci fu solo un brevissimo controllo di documenti.
Al ritorno, in una freddissima notte di inizio gennaio, la dogana sembrava un imbuto e non si capiva che cosa fosse successo.
C'erano dei pullman, tanti ... fermi e statici. Uno era stato rivoltato dai doganieri ... un altro po' e l'avrebbero smontato. Chissà che cosa portavano o chissà se i doganieri avevano solo un po' di voglia di sgranchirsi.
Dopo i pullman tante auto, dopo le auto anche noi.
Uffi ... che succede... sembra di stare in colonna per Jesolo il 5 di Agosto.
La sensazione era esattamente la stessa, con la sola unica e non trascurabile differenza relativa alla colonnina di mercurio che, come da mio desiderio già espresso nel post sulla capitale ungherese (linkato all'inzio di questo racconto), scendeva scendeva e mi faceva sentire in perfetta sintonia con le canzoni dalla parvenza invernale di Battiato.
Decisi si dirigermi assieme al Pokemon (una delle mie compagne di viaggio) in quel del micro autogrill presente di fianco la dogana.
Faceva freddo, ci scappava di tutto, dovevamo mangiare.
Non appena giunte davanti al micro-autogrill, dopo essere scivolte appena 7 o 8 volte sul ghiaccio, ci rendemmo conto che tutto quell'ammasso di genere umano davanti al micro-autogrill altro non era che il tentativo di molti di entrare nella struttura.
Avete presente quelle classiche domande tipo "come ci stanno 4 elefanti in una cinquecento?".
Ecco... stavolta eravamo 300 persone nel tentativo di entrare in una trabant. Circa. Con tanto di piumini, berretti, guanti, dopo-sci e chi più ne ha più ne metta.
Stai lì, saltella sul posto perché fa freddo, chiacchiera ... inventati ogni cosa per ingannare l'attesa. E poi ricomincia da capo ... stai lì, saltella sul posto perché fa freddo, chiacchiera ... inventati ogni cosa per ingannare l'attesa. E poi ricomincia da capo. Ad libitum...
Il tempo passava, la fila non calava ... né in dogana ... né nel micro-autogrill.
Ma uno stimolo ... quello sì... cresceva. Eccome se cresceva.
Saltella di qui, saltella di lì ... non ce la facevo più.
Chiesi al Pokemon se sentisse il mio stesso bisogno di rilasciare liquidi nell'ambiente e lei mi disse di sì con molta ansia.
La situazione era davvero grave e non sapevo come affrontarla perché il raggiungimento del bagno era qualcosa di impensabile.
... 'scolta. C'è il bosco...", dissi con piena convinzione.
E quando mai mi sono fatta dei problemi io?? Mai... e non me li sarei fatti nemmeno quella volta.
Certo, lo ammetto, per gli uomini è un po' più facile ma anche noi donne ci facciamo rispettare.
Il bosco è natura, la natura è pulita e va bene così.
Pronte e zompettanti, io e il Pokemon siamo corse su per una scarpata non distante dalla dogana ma ben nascosta dalla vegetazione.
Certi momenti regalano sensazioni impagabili e quello fu il top per me.
Nell'intimità del mio momento di liberazione assoluta,  tra il "non ci vedono, vero?" e un "cappero, mi si ghiaccia tutto", cominciai ad osservare il luogo scelto per quella data azione.
Tra un abete e la neve comparivano davanti a me del reticolato bello vecchio e pesante, dei pali immensi e alquanto arcigni. Dei cartelli che ricordavano che si stava lasciando una certa zona del mondo.
Con mia immensa soddisfazione, stavo facendo i miei bisogni su quella che era un tempo la cortina di ferro.
Quando fui a posto con me stessa, perlustrai qualche centimetro più in là e vagai per il bosco finché non sentii la voce perentoria di un doganiere che probabilmente aveva sentito rumori nel bosco.

La mia perlustrazione però mi confermò quanto pensato poco prima.
Finalmente l'avevo vista, esisteva, c'era ... era uscita dal libro di storia solo per me.

Anni dopo ascoltai Marco Paolini in un suo racconto di un viaggio verso la Polonia.
Anche lui ebbe esperienze empiriche sulla cortina di ferro.

Quello che mi sorprende è che la Storia davvero scorre come un torrente impetuoso.
Risalita in macchina, passai il confine tra Ungheria ed Austria. Mi voltai indietro e vedevo la frontiera farsi sempre più piccola. Dimenticai l'ilarità della mia scoperta di quella notte per un attimo e pensai, quasi malinconica, a quanta gente ha cercato di scalvalcare quel varco negli anni in cui io ero piccola, incosciente e giocavo con la mia Barbie di nome Claudia.
Non mi fu difficile capire che ci sono tanti modi di considerare le cose e che tutti sono leciti.La cosa importante è non traslasciarne mai alcuno.
Potevo ridere sulla mia disavventura e riflettere seriamente su quello che quei pali immensi e alquanto arcigni hanno significato per alcuni.
Per me è stato fondamentale comprovare la loro esistenza.

No comments:

Post a Comment